L’assunzione della responsabilità e il suo ruolo nelle aggressioni: che cosa facciamo quando osserviamo una violenza?

Una quindicenne, circa un mese fa, è stata aggredita a Pinerolo, in provincia di Torino, da tre compagne di scuola. Considerando che l’aggressione è avvenuta a poca distanza dall'istituto scolastico frequentato da tutte e quattro e considerando che stavano andando a prendere il bus per tornare a casa, come è possibile che nessuno abbia visto quanto avvenuto? Gli inquirenti, nel ricostruire i fatti riportano che le coetanee della vittima le hanno prima tirato un pallone in faccia, poi l’hanno insultata, tirato i capelli e schiaffeggiata per poi prenderla a calci. Questa folle escalation è infine culminata nel strapparle le unghie finte, danneggiandole anche quelle vere. Per coronare il fatto, poteva poi mancare una rivendicazione social? Ovviamente no, tant’è che gli insulti sono poi continuati su Instagram: "Sfigata, io continuo appena ci sei a scuola". Di tutta questa aggressione è stato fatto un filmato per mano di un'altra ragazza, che poi ha fatto vedere il video, attualmente parte degli atti di indagine, a due professori. Episodi simili, seppur meno plateali di quest’ultimo, pare che la ragazza li avesse già vissuti sia nei corridoi della scuola che all’uscita della stessa.  Al di là delle responsabilità dell'aggressione, che saranno accertate, al di là dei danni provocati che, spero vivamente, vengano severamente puniti, e al di là delle tante analisi psicosociali che potremmo fare in merito alla preoccupante escalation di violenze e aggressioni che attualmente le cronache stanno registrando, da una prima lettura di questi episodi, pare sconcertante constatare che tutti i suddetti atti siano avvenuti sotto gli occhi di molti che, evidentemente, anziché intervenire, sono rimasti a guardare. Com’è possibile tutto ciò? Purtroppo è possibile e le cronache lo dimostrano regolarmente. Una spiegazione psicologica la possiamo ritrovare nel così detto effetto spettatore. Tale effetto fa riferimento al mancato intervento di aiuto nei confronti di una persona in una situazione di emergenza dovuto alla presenza di altre persone. Tendenzialmente, all’aumentare del numero di persone presenti, cioè dei così detti spettatori, diminuisce la probabilità di intervento. I primi a dimostrare in via sperimentale l’effetto spettatore sono stati i ricercatori Darley e Latané a fine anni ’60. Secondo questi autori,  affinché un individuo “spettatore” possa intervenire in un pericolo o in un’emergenza, come per esempio può essere considerata un’aggressione ad una compagna di classe, deve in primis notare l’evento e interpretarlo come inequivocabilmente  pericoloso. Conseguentemente deve assumersi la responsabilità di intervenire e sapere come farlo, traducendo le sue intenzioni in azione. Questo modello, negli ultimi decenni, è stato integrato e applicato  anche alla violenza sulle donne al fine di comprendere come è possibile che coloro che assistono a tali episodi, possano non intervenire in loro soccorso. L’assunzione della responsabilità, in una Società colma di richieste di diritto, dovrebbe rappresentare il primo dovere che gli uomini e le donne dovrebbero acquisire. Maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa.

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Una rilettura psicologica del caso Tortora

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